All’angolo fra la 71°
strada e Park Avenue sorge un palazzo in stile classico con trenta appartamenti
e quattro studi medici che racchiude il maggior volume di ricchezza di
Manhattan ovvero dell’intero pianeta. L’indirizzo è 740 Park avenue e a
trasformarlo nella perla dell’Upper East Side,fra il 1929 e 1930, è
l’architetto siciliano Rosario Candela su commissione di John D. Rockefeller, che
nel 1929, compiendo 90 anni, ha voluto lasciarlo in eredità al figlio. Inaugurato
come il Rockefeller Building dell’Upper East Side, negli anni il 740 Park
Avenue diventa la residenza più ambita della Gold Coast di Manhattan, ovvero
l’area – compresa fra la Fifth Avenue e Park Avenue e fra la 57° e la 96°
strada – che ospita la maggiore quantità
di miliardari del mondo. E’ qui che generazioni di Rockefeller – compreso l’ex
vicepresidente Nelson – e di Brewsters – proprietari del lotto originario e
discendenti dai padri pellegrini arrivati a Plymouth a bordo della Mayflower
nel 1620 – si alternano in più appartamenti, Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis
vi trascorre la gioventù, la contessa Marie Douglas vi stabilisce il proprio
castello urbano e vi soggiornano porta a porta gli eredi di fortune come
Anaconda Copper, Seagram, Gulf Oil, Chrysler e Steinberg, senza considerare i
top manager di Chase Bank e American Express. Attualmente, fra gli inquilini vi
sono i proprietari di colossi come Time Warner, Loews, Mosler Safe ed Estèe
Lauder, nonché sei dei miliardari di New York elencati nella classifica annuale
di Forbes. I politici hanno sempre messo piede al “Seven Forty” come ospiti,
per un unico invito a cena o per soggiornare a casa altrui, come è avvenuto per
i presidenti Franklin Delano Roosevelt e Ronald Reagan, per l’ex sindaco
Rudolph Giuliani e per i leader israeliani Moshe Dayan e Golda Meir. Quando, a
metà degli anni Ottanta, all’improvviso un inquilino arabo comunica alla Co-op
(la cooperativa dei proprietari) che vorrebbe ospitare nel suo appartamento il
leader palestinese Yasser Arafat, scoppia quasi una rivolta condominiale che lo
costringe a rinunciare.
Costruito negli anni della Grande Depressione, il 740 Park Avenue accompagna New York nelle alterne fasi economiche, dalla crisi del secondo dopoguerra alla ripresa economica negli anni Ottanta, momento dal quale i prezzi non sono più scesi. Oggi il valore medio di un appartamento di 740 Park Avenue va dai 20 ai 30 milioni di dollari, ma ciò che è più difficile è riuscire a ricevere dalla Co-op che li possiede il permesso di acquistarli. Il regolamento della Co-op – simile a quello di altre cooperative di Manhattan – prevede infatti che diventando proprietari si entri legalmente in possesso non dell’appartamento dove si va a vivere, ma delle relative quote dell’edificio. Da qui il fatto che solo con il via libera della Co-op si può accedere all’acquisto dell’appartamento. Questo regolamento finisce col trasformarsi in un filtro spietato. Fra i requisiti indispensabili per essere ammessi in una Co-op, che assomiglia a una corporation internazionale, c’è il possesso di denaro liquido su conti bancari documentati per almeno 100 milioni di dollari – visto che le spese condominiali ammontano a 10.000 dollari al mese e gli ultimi lavori di ristrutturazione della facciata sono costati un minimo di 250.000 dollari a famiglia – ma anche questo può non bastare.
Fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, gli ebrei in quanto tali non sono accettati dalle famiglie dell’aristocrazia bianca, anglosassone e protestante che controlla la Co-op. Gli unici che riescono a sfuggire alla discriminatoria clausola non scritta sono un colonnello che si fa passare per episcopaliano, l’ereditiera di un grande magazzino e il magnate dei liquori Edgar Bronfman, al quale nessuno osa chiudere la porta in faccia.
Ma a far crollare il tabù antisemita in maniera manifesta è Saul Steinberg, nato a Brooklyn e cresciuto a long Island in una famiglia del ceto medio simile a tante altre, ma riuscito a farsi strada negli studi fino ad uscire dalla Wharton School of Finance con l’abilità necessaria per diventare multimilionario prima dei trent’anni. E’ proprio Steinberg che, grazie alla fortuna da “ragazzo errante di Wall Street”, come lo chiamano gli amici, nel 1971 acquista l’appartamento più prestigioso del 740 Park Avenue: i 200 metri quadri dove abitano i Rockfeller. Il cambio della guardia si trasforma in un vero e proprio Rubicone sociale ed economico: un ebreo diventato ricco gestendo soldi di ricchi a Wall Street va ad abitare nella casa di uno dei nomi simbolo dell’aristocrazia wasp. Il passaggio delle consegne apre le porte del 740 agli ebrei – che oggi sono la maggioranza delle famiglie del condominio – ma non pone fine all’ostilità della vecchia aristocrazia. A dimostrarlo è il fatto che, mentre le famiglie ebraiche indicano come loro indirizzo 740 Park Avenue, fra i residenti wasp prevale invece il vezzo di avere sui documenti l’altra entrata, al 71 East della 71° strada, per continuare a distinguersi dai nuovi arrivati. “Storie come quelle di questa Co-op –- osserva lo storico Jonathan Sarna della Brandeis University –- descrivono il tremendo fascino che i vecchi aristocratici esercitavano sugli ebrei e la consistente trasformazione sociale che è avvenuta negli ultimi cinquant’anni”. Oggi il veto su ebrei e asiatici è caduto, mentre resta quello non dichiarato sugli afroamericani, come dinostra il fatto che fra i residenti non ve n’è neanche uno.
Che siano ebrei o meno, i residenti della Co-op tengono molto alla loro esclusività e così l’ingresso nella cooperativa dei proprietari del 740 Park Avenue è stato impedito a non pochi nomi illustri, spesso senza neanche sentirsi in dovere di fornirne motivate ragioni. Fra i rifiutati più noti vi sono Barbara Walters – uno dei volti più popolari della tv americana -, Friedrich Christian, erede della Daimler-Benz, e anche Joan Crawford, ted Ashley e Neil Sedaka. All’attrice Barbra Streisand la ragione è stata spiegata per iscritto. “Ci spiace molto, ma la sua richiesta non può essere considerata perché lei, oltre ad essere un’attrice, fa anche la cantante”.
(“Park Avenue”, pag.181 da “Gli ebrei di New York” di Maurizio Molinari - Proposto e letto da Giovanna Buonanno a Villa Cerillo il 28 marzo ’14 )
Costruito negli anni della Grande Depressione, il 740 Park Avenue accompagna New York nelle alterne fasi economiche, dalla crisi del secondo dopoguerra alla ripresa economica negli anni Ottanta, momento dal quale i prezzi non sono più scesi. Oggi il valore medio di un appartamento di 740 Park Avenue va dai 20 ai 30 milioni di dollari, ma ciò che è più difficile è riuscire a ricevere dalla Co-op che li possiede il permesso di acquistarli. Il regolamento della Co-op – simile a quello di altre cooperative di Manhattan – prevede infatti che diventando proprietari si entri legalmente in possesso non dell’appartamento dove si va a vivere, ma delle relative quote dell’edificio. Da qui il fatto che solo con il via libera della Co-op si può accedere all’acquisto dell’appartamento. Questo regolamento finisce col trasformarsi in un filtro spietato. Fra i requisiti indispensabili per essere ammessi in una Co-op, che assomiglia a una corporation internazionale, c’è il possesso di denaro liquido su conti bancari documentati per almeno 100 milioni di dollari – visto che le spese condominiali ammontano a 10.000 dollari al mese e gli ultimi lavori di ristrutturazione della facciata sono costati un minimo di 250.000 dollari a famiglia – ma anche questo può non bastare.
Fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, gli ebrei in quanto tali non sono accettati dalle famiglie dell’aristocrazia bianca, anglosassone e protestante che controlla la Co-op. Gli unici che riescono a sfuggire alla discriminatoria clausola non scritta sono un colonnello che si fa passare per episcopaliano, l’ereditiera di un grande magazzino e il magnate dei liquori Edgar Bronfman, al quale nessuno osa chiudere la porta in faccia.
Ma a far crollare il tabù antisemita in maniera manifesta è Saul Steinberg, nato a Brooklyn e cresciuto a long Island in una famiglia del ceto medio simile a tante altre, ma riuscito a farsi strada negli studi fino ad uscire dalla Wharton School of Finance con l’abilità necessaria per diventare multimilionario prima dei trent’anni. E’ proprio Steinberg che, grazie alla fortuna da “ragazzo errante di Wall Street”, come lo chiamano gli amici, nel 1971 acquista l’appartamento più prestigioso del 740 Park Avenue: i 200 metri quadri dove abitano i Rockfeller. Il cambio della guardia si trasforma in un vero e proprio Rubicone sociale ed economico: un ebreo diventato ricco gestendo soldi di ricchi a Wall Street va ad abitare nella casa di uno dei nomi simbolo dell’aristocrazia wasp. Il passaggio delle consegne apre le porte del 740 agli ebrei – che oggi sono la maggioranza delle famiglie del condominio – ma non pone fine all’ostilità della vecchia aristocrazia. A dimostrarlo è il fatto che, mentre le famiglie ebraiche indicano come loro indirizzo 740 Park Avenue, fra i residenti wasp prevale invece il vezzo di avere sui documenti l’altra entrata, al 71 East della 71° strada, per continuare a distinguersi dai nuovi arrivati. “Storie come quelle di questa Co-op –- osserva lo storico Jonathan Sarna della Brandeis University –- descrivono il tremendo fascino che i vecchi aristocratici esercitavano sugli ebrei e la consistente trasformazione sociale che è avvenuta negli ultimi cinquant’anni”. Oggi il veto su ebrei e asiatici è caduto, mentre resta quello non dichiarato sugli afroamericani, come dinostra il fatto che fra i residenti non ve n’è neanche uno.
Che siano ebrei o meno, i residenti della Co-op tengono molto alla loro esclusività e così l’ingresso nella cooperativa dei proprietari del 740 Park Avenue è stato impedito a non pochi nomi illustri, spesso senza neanche sentirsi in dovere di fornirne motivate ragioni. Fra i rifiutati più noti vi sono Barbara Walters – uno dei volti più popolari della tv americana -, Friedrich Christian, erede della Daimler-Benz, e anche Joan Crawford, ted Ashley e Neil Sedaka. All’attrice Barbra Streisand la ragione è stata spiegata per iscritto. “Ci spiace molto, ma la sua richiesta non può essere considerata perché lei, oltre ad essere un’attrice, fa anche la cantante”.
(“Park Avenue”, pag.181 da “Gli ebrei di New York” di Maurizio Molinari - Proposto e letto da Giovanna Buonanno a Villa Cerillo il 28 marzo ’14 )
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