Da pag.283 .. Ancora a
Zaccagnini, il 24 aprile 1978, il presidente democristiano ( Aldo Moro)
scrisse:
Lo ripeto, non accetto l’iniqua e ingrata sentenza della DC. Non assolverò e non giustificherò nessuno. Nessuna ragione politica o morale mi potranno spingere a farlo. Con il mio è la mia famiglia ferita a morte. Non creda la DC di avere chiuso il suo problema, liquidando Moro. Io ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa. Per questa ragione, chiedo che ai miei funerali non partecipino le autorità dello Stato e gli uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e il loro amore.
Per tutta risposta, cinquanta personalità del mondo cattolico, tra cui il vescovo Antonio Zama e l’avv. Vittorino Veronese, firmarono una lettera nella quale si affermava che Moro non era più lui, cui lo statista replicò:
Mi ha profondamente rattristato, non l’avrei creduto possibile, che alcuni amici, senza né conoscere né immaginare la mia sofferenza, non disgiunta da lucidità e libertà di spirito, abbiano dubitato della autenticità di ciò che andavo sostenendo. (…)
I gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte. In tanti anni i desideri sono caduti e lo spirito si è purificato. Eppur con le mie tante colpe, ho vissuto con generosità nascoste e delicate intenzioni. Muoio nella pienezza della mia fede cristiana e nell’amore immenso per una famiglia esemplare che io adoro e spero di vigilare dall’alto dei cieli. Se tutto questo è deciso sia fatta la volontà di Dio.
A questo punto, è doveroso
fare una riflessione anche sullo staff di Cossiga, e sulle responsabilità
quanto meno morali di chi era al potere all’epoca. Io credo che, a parte
Lettieri – che faceva da intermediario tra i capi militari di NASCO G 15 e il
Viminale – è semplicemente impossibile pensare che altri collaboratori non
sapessero nulla del potenziale blitz. Come abbiamo visto, molti uomini delle
istituzioni, come Dalla Chiesa e Pasquale Schiavone, conoscendo il luogo in cui
era tenuto l’ostaggio, volevano salvarlo a tutti i costi con un intervento
militare. E dunque i carabinieri, la polizia, ma anche l’esercito, di cui faceva
parte Oscar Puddu, erano pronti a intervenire. Allora perché non si procedette?
La vulgata vuole che fosse prevalso
il bene comune, una ragion di Stato che anteponeva la linea della fermezza alla
salvezza del singolo. Una fermezza che spesso potrebbe essere confusa con un
doloroso immobilismo. Eppure, ancora dopo 35 anni, permangono tanti – troppi-
interrogativi, se non altro sui numerosissimi interessi in gioco. Come abbiamo
tentato di spiegare, infatti, in molti avrebbero ottenuto un tornaconto dalla
morte di Moro. E altre forze – più o meno occulte – sembrano essere intervenute
in questa drammatica vicenda per orientarne gli sviluppi.
Da “ I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia” di Ferdinando Imposimato -
Pagine proposte e lette da Maria Esposito il 28 febbraio ’14 a Villa
Cerillo)http://www.lavocedinomas.org/news/ferdinando-imposimato-i-55-giorni-che-hanno-cambiato-litalia
http://www.radio24.ilsole24ore.com/media/audio/2013-09-30/steve-pieczenick-microfono-giovanni-164913.php
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-11-07/caso-moro-ladu-steve-pieczenik-mix24-radio24-
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