Pag. 32 .. Quel giorno si trovò sul traghetto per Corfù con
alcuni suoi amici napoletani, due psicologi e un sociologo. Avevano l’abitudine
di analizzare tutti perché, purtroppo, peccavano di deformazione professionale.
Lei, invece, cercava la poesia anche se insegnava sociologia; trovava le leggi
della società rigide e senza pietà, mentre la poesia era il soffio divino.
Aveva portato con sé un libro di Garcia Màrquez il cui titolo era Racconti di un naufrago. Era la storia
di un navigante che riesce a stare su un pezzo di legno in mezzo all’oceano per
una serie di giorni. Lo lesse tutto di un fiato, pagina per pagina, punto per
punto, seduta sul ponte della nave. Il buio era intenso, non riusciva a
distinguere il mare dall’aria. Rimase molto colpita dalla parte finale del
testo, quando il naufrago sfinito approda sulla spiaggia e finalmente,
abbracciando la terra, si addormenta. Improvvisamente sente una presenza, apre
gli occhi e vede i piedi di qualcuno, e in quel momento pensa: “ O Dio, un
cannibale”. Anche questa era saudade (
ricordo nostalgico) ! Improvvisamente alzò gli occhi dal libro e vide che
il nero in cui era immerso sbiadiva; cominciò a distinguere l’acqua, che prima
diventò antracite, e subito dopo blu scuro…..
Pag. 35 … Dalla terrazza del ristorante, il mare: Ischia era così vicina che ingannava, sentivi al tatto la sua terra nera e calda. Era stata una giornata limpida e calda. Il tramonto era divino: un sole rosso arancio gigantesco stava silenziosamente scivolando giù lungo le pendici dell’isola. Gli occhi, immancabilmente, si posavano sulle forme. “ Ischia, un vulcano in mezzo al mare, la giusta equidistanza dei crateri, la crescita esponenziale dei volumi: sembra un drago, un grosso drago marino che sonnecchia semisommerso nell’azzurro”. Il Capitano le disse che stava trascorrendo gli ultimi anni della sua vita a osservare i tramonti, a studiarne i mutamenti. Rivolse lo sguardo all’isola e notò un impercettibile cambiamento restandone affascinato. Il Capitano era in pensione, ormai; l’aveva invitata a prendere un caffè su questa terrazza panoramica a occidente del Monte. Ingenuamente, lei gli aveva chiesto di parlarle del mare, in fondo lei il mare non lo aveva mai vissuto direttamente. Gli occhi del Capitano erano verdi, le pupille si restringevano nel tentativo di cercare di ricordare: “ Il mare delle Cicladi e delle Sporadi, tutto l’ho percorso perché inseguivo Ulisse e il mito della ricerca, il mito dell’eterno ritorno, che poi è l’universo di questo paese”. Lei allora gli disse di aver notato una somiglianza impressionante tra Santorini e i Campi Flegrei, non riusciva a spiegarselo. Il Capitano, che era un po’ un oracolo, le rispose: “ Santorini è Monte di Procida”. Lei, allora, si guardò intorno e cercò le case piccole e bianche, e le porte e le finestre azzurre, cercò le chiese con le cupolette in miniatura e i terrazzini ricolmi di fiori, i gatti sonnacchiosi sull’uscio, e le nonne a dorso di mulo. Cercò le viuzze tortuose, le gradinate che portano alla spiaggia, i toni cristallini dell’acqua, e pensò: “ Come farà a esserlo? Forse cento anni fa “ …
(Da “Il mare e il cuore Emozioni” di Assunta Esposito – Pagine 32 e 35 proposte e lette da Marisa Bonifacio a Villa Cerillo il 28 febbraio’14)
V. anche in Libri Letti http://cantuccioletterario.blogspot.it/2012/05/il-mare-e-il-cuore-emozioni-di-assunta.html#more
Pag. 35 … Dalla terrazza del ristorante, il mare: Ischia era così vicina che ingannava, sentivi al tatto la sua terra nera e calda. Era stata una giornata limpida e calda. Il tramonto era divino: un sole rosso arancio gigantesco stava silenziosamente scivolando giù lungo le pendici dell’isola. Gli occhi, immancabilmente, si posavano sulle forme. “ Ischia, un vulcano in mezzo al mare, la giusta equidistanza dei crateri, la crescita esponenziale dei volumi: sembra un drago, un grosso drago marino che sonnecchia semisommerso nell’azzurro”. Il Capitano le disse che stava trascorrendo gli ultimi anni della sua vita a osservare i tramonti, a studiarne i mutamenti. Rivolse lo sguardo all’isola e notò un impercettibile cambiamento restandone affascinato. Il Capitano era in pensione, ormai; l’aveva invitata a prendere un caffè su questa terrazza panoramica a occidente del Monte. Ingenuamente, lei gli aveva chiesto di parlarle del mare, in fondo lei il mare non lo aveva mai vissuto direttamente. Gli occhi del Capitano erano verdi, le pupille si restringevano nel tentativo di cercare di ricordare: “ Il mare delle Cicladi e delle Sporadi, tutto l’ho percorso perché inseguivo Ulisse e il mito della ricerca, il mito dell’eterno ritorno, che poi è l’universo di questo paese”. Lei allora gli disse di aver notato una somiglianza impressionante tra Santorini e i Campi Flegrei, non riusciva a spiegarselo. Il Capitano, che era un po’ un oracolo, le rispose: “ Santorini è Monte di Procida”. Lei, allora, si guardò intorno e cercò le case piccole e bianche, e le porte e le finestre azzurre, cercò le chiese con le cupolette in miniatura e i terrazzini ricolmi di fiori, i gatti sonnacchiosi sull’uscio, e le nonne a dorso di mulo. Cercò le viuzze tortuose, le gradinate che portano alla spiaggia, i toni cristallini dell’acqua, e pensò: “ Come farà a esserlo? Forse cento anni fa “ …
(Da “Il mare e il cuore Emozioni” di Assunta Esposito – Pagine 32 e 35 proposte e lette da Marisa Bonifacio a Villa Cerillo il 28 febbraio’14)
V. anche in Libri Letti http://cantuccioletterario.blogspot.it/2012/05/il-mare-e-il-cuore-emozioni-di-assunta.html#more
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