Sottotitolo

OCCHIO SEMPRE ALLA CHATTINA, a piè di ogni pagina, X LE ULTIME NOVITA' su pubblicazioni, commenti, appuntamenti di lettura e .. notizie varie !

martedì 18 febbraio 2014

“Un’esistenza senza durata” di M. Barbery

A che cosa serve l’Arte? A darci la breve ma folgorante illusione della camelia, aprendo nel tempo una breccia emotiva che non si può ridurre alla logica animalesca. Come nasce l’Arte? È generata dalla capacità propria dello spirito di scolpire la sfera sensoriale. Che cosa fa l’Arte per noi? Dà forma e rende visibili le nostre emozioni e, così facendo, conferisce loro quell’impronta di eternità che recano tutte le opere le quali, attraverso una forma particolare, sanno incarnare l’universalità degli affetti umani.
L’impronta dell’eternità … Queste pietanze, queste coppe, questi tappeti e questi bicchieri quale vita assente suggeriscono al nostro cuore? Fuori dai contorni del quadro, forse, il tumulto e la noia della vita, l’incessante e vana corsa stremata dai progetti- ma, dentro, la pienezza di un momento sospeso, strappato al tempo della bramosìa umana. La bramosìa umana ! Non possiamo smettere di desiderare, e questo ci esalta e ci uccide al contempo. Il desiderio! Ci sostiene e ci crocifigge, portandoci ogni giorno sul campo di battaglia dove ieri abbiamo perso ma che, nel sole di un’altra giornata, ci sembra nuovamente un terreno di conquista; e anche se domani moriremo, il desiderio ci fa erigere imperi destinati a diventare polvere, come se la consapevolezza che presto cadranno non riguardasse la sete di edificarli ora; ci infonde l’energia di volere  sempre quello che non possiamo possedere e ci getta all’alba sull’erba disseminata di cadaveri, affidandoci fino alla morte progetti che appena compiuti subito rinascono. Ma è così estenuante desiderare incessantemente .. ben presto aspiriamo ad un piacere senza ricerca, sogniamo una condizione felice che non abbia inizio né fine e in cui la bellezza non sia più finalità né progetto, ma divenga la certezza stessa della nostra natura. Ebbene, questa condizione è l’Arte. Ho dovuto forse imbandirlo questo tavolo? Per vedere queste pietanze ho dovuto desiderarle? Da qualche parte, altrove, qualcuno ha voluto questo pasto, ha aspirato a questa trasparenza cristallina e ha perseguito il piacere di carezzare con la propria lingua il serico sapore salato di una ostrica al limone. E’ stato necessario questo progetto, incastonato in altri cento e da cui ne sgorgano altri mille, questo intento di preparare e di assaporare un banchetto di molluschi- questo progetto altrui, per l’esattezza – perché il quadro prendesse forma.
Ma quando guardiamo una natura morta, quando ci deliziamo di una bellezza che non abbiamo perseguito e che porta in sé la raffigurazione glorificata e immobile delle cose, godiamo di ciò che non abbiamo dovuto bramare, contempliamo ciò che non è stato necessario volere, amiamo ciò che non è stato necessario desiderare. Quindi la natura morta incarna la quintessenza dell’Arte, la certezza del senza tempo, perché essa raffigura una bellezza che parla al nostro desiderio ma è generata dal desiderio altrui, perché si accorda al nostro piacere senza entrare in nessuno dei nostri piani, perché si dona a noi senza che ci sforziamo di desiderarla. Nella scena muta, senza vita né movimento, si incarna un tempo privo di progetti, una perfezione strappata alla durata e alla sua logora avidità – un piacere senza desiderio, una esistenza senza durata, una bellezza senza volontà. Giacchè l’Arte è l’emozione senza il desiderio.
( “Un’esistenza senza durata” da L’eleganza del Riccio di Muriel Barbery – Brano proposto e letto a Villa Cerillo il 31 gennaio’14 da Livia Guardascione)

Nessun commento: