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martedì 18 febbraio 2014

Da “Il gioco grande del potere” di S. Bonsanti

Pag.36 : … Una storia che aveva tanto in comune con quella che stavamo vivendo in Italia. L’articolo uscì col titolo Spie nere in Germania ed era corredato da un’intervista a un deputato socialdemocratico che aveva presentato al governo federale due interrogazioni su un viaggio compiuto in Germania nel 1969 dai due informatori e neo fascisti italiani Guido Giannettini e Pino Rauti.
Quando “Epoca” fu in edicola, mi contattò un mio amico giornalista. Mi informava che Andreotti, che allora non conoscevo, era interessato ad ascoltare la registrazione completa della mia intervista al trafficante d’armi. Si era rivolto a lui, che sapeva essere mio amico, ed egli, molto imbarazzato, mi riferì la richiesta e tornò da Andreotti con la mia risposta: “Ho scritto tutto quello che mi ha detto, non c’è altro”. Non era vero: avevo tenuto per me, allo scopo di approfondirle, le dichiarazioni riguardanti i complici italiani. Mi seccava molto che un uomo politico così potente pensasse che avrei potuto dare a lui, quasi fossi una sua personale collaboratrice, informazioni che non avevo divulgato ai lettori. C’era qualcosa che mi disturbava in quella richiesta. Ma così andavano le cose.
Sono passati tanti anni, e spesso mi ritrovo a pensare se ciò che accadeva allora è veramente alle nostre spalle. C’è un’Italia che viene da lì e che ancora oggi calca la scena. Non ha mai davvero abbandonato il potere, nemmeno quando sembrava sconfitta. E’ nata per il potere e con il potere. Ci sono personaggi che oggi hanno i capelli bianchi. Quando li incontro per strada mi salutano ed io ricambio. Mi sorridono. Sanno che faccio parte di un’altra storia e che li ho sempre “combattuti”. Ma è come se la partita non l’avesse vinta nessuno, come se il loro sguardo volesse dirmi: “ Vedi, siamo ancora qui, nulla è successo …”.

Quasi tutti i militanti di estrema destra che incontrai in quegli anni consideravano Andreotti un loro punto di riferimento sicuro.
Altri, soprattutto i romani, ritenevano di essere stati traditi: Andreotti aveva fatto promesse che non aveva mantenuto. Dicevano e scrivevano di lui : “ C’è un Giuda fra noi”. Qualcosa di simile deve essere accaduto, anni dopo, nei rapporti fra Andreotti e i boss della mafia: prima corteggiati e adoprati, poi, quando il gioco era diventato troppo rischioso, “mollati” e rinnegati.
Andreotti era lo Stato e l’Antistato, Gelli era il potere occulto, Carmelo Spagnuolo era la giustizia compromessa e la vecchia mafia. Santillo era un bravo poliziotto e un servitore onesto. Occorsio rappresentava la giustizia, fino all’estremo sacrificio.

Pag.60 : ..”L’Unità” era uscita col titolo in rosso: Esaltante avanzata del Pci, undici milioni di voti!
Il timore diffuso nella destra italiana e negli ambienti atlantici era che alle elezioni politiche del 1976 ci sarebbe stato il sorpasso. Non ci fu, ma il Pci arrivò a quattro punti di distanza.
Aldo Moro si era ormai collocato su un crinale molto avanzato e difficile da mantenere saldo: tesseva quella sua rete di attenzioni alla sinistra che si basava sulla convinzione che una parte così importante del paese non potesse essere esclusa o ignorata in momenti tanto critici. Essa rappresentava un pezzo d’Italia che già aveva dato al paese più di una prova di “democraticità”.
Ma la risposta di Washington non lasciava spazi a coinvolgimenti più o meno diretti del Pci nel governo. Un’intesa fra i due maggiori partiti della politica italiana rischiava di minare seriamente gli accordi e le spartizioni postbelliche, le strutture previste dai trattati supersegreti e ancora attive, scompigliando alleanze e lealtà già sperimentate anche all’interno del nostro paese.
Il titolo della mia inchiesta era Fuga dall’Italia. Raccontavo delle grandi multinazionali che, si diceva, stavano prosciugando i loro investimenti e ritiravano capitali depositati in Italia creando addirittura “gravi problemi di liquidità”. Mi chiedevo se fosse cominciato una sorta di “si salvi chi può”; registravo le smentite di prammatica, ma anche i dubbi della Camera di commercio americana e le domande di Herman Burdick, segretario generale della stessa: “ Quando ci chiedono chi comanderà in Italia, noi cosa possiamo rispondere? Dopo i risultati del 15 giugno chi pensasse di investire in Italia ha molti fattori di preoccupazione: la forza del Pci, l’incertezza generale, il fatto che non si capisce dove vadano i partiti di centro … L’Italia non è più per noi un paese attraente”.
( “Il gioco grande del potere” di Sandra Bonsanti - http://www.chiarelettere.it/libro/reverse/il-gioco-grande-del-potere-9788861904675.php  Proposto e letto da Alessandro Parisi a Villa Cerillo il 31 gennaio’14)

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