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sabato 13 luglio 2013

De .. “F.sco Pisano”: Il Caso Campi Flegrei


Un centro mondiale di costruzione della conoscenza, ma il cui enorme e straordinario patrimonio culturale-ambientale è trascurato e non adeguatamente e  compiutamente valorizzato ….

Carissimi, nell’attesa che il problema delle informazioni errate lacunose e depistanti pertinenti alle  fiaschette vitree tardo-antiche, che fanno ancora bella mostra di sé su un pannello collocato nella nostra Pozzuoli ai bordi della neonata “Piazza Rione Terra – 2 marzo 1970”, venga al più presto risolto, faccio notare a Chididovere altre notevoli anomalie, vuoti da colmare e ‘dimenticanze’, attinenti sempre ai nostri straordinari beni culturali e ambientali, per eliminare i quali basta talora solo un po’ di buona volontà e modestissima spesa.
L’elenco sarebbe lungo, per cui mi limito a qualche segnalazione relativa al Rione Terra, anche perché su di esso sono accesi adesso i riflettori e altri tra poco si accenderanno. Curiosi e turisti potrebbero venire a visitarlo. Credo sia interesse di tutti noi - e perciò chiedo al riguardo una mano a chiunque, innamorato dei Campi Flegrei e del loro destino, possa e voglia darla - operare per presentare loro l’immagine di un territorio che sa, che è consapevole del suo enorme e importante sapere e che sulle sue notevoli cose fornisce le dovute e giuste informazioni e non, viceversa, quella di un paese di arruffoni, improvvisatori e incompetenti. Il comprensorio flegreo, c’è in zona chi ancora lo ignora a quanto pare, è da un po’ di anni a questa parte una grande fucina di rischiaranti ed innovative password, parecchie anche di valenza internazionale, grazie al lavoro di non pochi studiosi locali, tanto che a ragione lo si potrebbe attualmente etichettare come Uno dei centri mondiali di costruzione della conoscenza. Sì, avete letto bene quanto scritto in grassetto*. Non è giusto, quindi, né conveniente offrire un volto falso e fuorviante di esso, di Pozzuoli in particolare

 

Rione Terra - Prima segnalazione

I galli del Coretto: un mistero finalmente svelato

 

Chi entra nella chiesa del SS. Corpo di Cristo, chiamata “Coretto”, splendidamente restaurata e riaperta al culto nel 2004, non può non subire il fascino della sua bellezza. Ma quando alza lo sguardo verso l’alto e vede quattro stemmi della Città di Pozzuoli alquanto inusuali perché sopra sono raffigurate teste di gallo e non quelle delle aquile dello stemma ufficiale cittadino non può non domandarsi le ragioni dell’anomalia. Vogliamo dunque far sapere al visitatore, inserendo la notizia su un pannello con sopra una scheda relativa a questa chiesa da esporre all’esterno o all’interno di essa, che l’artefice dell’’errore’ fu il Vescovo di Pozzuoli, Michele Zezza di Zapponeta, che nell’anno 1898, decise, dopo attenta valutazione, la “rifazione” di detti stemmi, in precedenza con teste aquiline sopra disegnate, come risulta inequivocabilmente dai giornali dell’epoca conservati nella nostra Biblioteca diocesana? Il ‘mistero’ (intorno al quale, per totale ignoranza delle fonti, erano state scritte a più riprese comicissime corbellerie), consultato l’’inaccessibile’ periodico “L’Operaio”, è stato da me sciolto - vedi F. Pisano, Nell’anno 1898 un bel giorno un monsignore…, Antonio Pisano Editore, Pozzuoli 2008, pp.22-23 – per cui l’unica incombenza sarebbe quella di trascrivere quanto ho rinvenuto.

 

Rione Terra - Seconda segnalazione

Pomponius Lætus in gigantū ossa quæ Puteolis uisuntur

Una straordinaria, scomparsa iscrizione ‘puteolana’ di un grande umanista

 
Il grande umanista Pomponio Leto venne verso la fine del XV secolo a Pozzuoli per ammirare delle ossa smisurate esposte all’esterno del Duomo, ritenute dei Giganti sconfitti qui da Ercole, e pose accanto ad esse una iscrizione di notevolissimo interesse da lui appositamente creata. Orbene, se sulle ossa in questione qualche citazione era stata riportata, che Pomponio Leto fosse venuto nella nostra città e della sua iscrizione nessuno studioso aveva mai saputo e quindi detto niente. La scoperta fu fatta da me dieci anni fa e ci scrissi sopra un libro (Le Ossa dei Giganti della Rocca di Pozzuoli…, Il Punto di Partenza, Bacoli 2003), la cui importanza fu subito colta, tanto che la prestigiosa Bbc incaricò i suoi esperti di farmi un’intervista da inserire in un  suo apposito programma-scoop. Non sarebbe buona cosa, anche in questo caso, riportare su un pannello, da collocare all’esterno del Duomo, l’eccezionale iscrizione pomponiana (nel suindicato libro c’è il testo latino con relativa mia trad. it.), senz’altro un unicum, con una essenziale scheda sul suo autore e sulla sua venuta a Pozzuoli? L’informazione in questione sarebbe oltretutto un ulteriore e forte motivo di richiamo per turisti e studiosi interessati ai miti nonché all’umanesimo e alla figura ed opera del Leto ( in “Studies – Bibliography of topics relating to Pomponio Leto” c’è un elenco di oltre 250 lavori su questo umanista, fra cui il mio, unico a trattare della sua presenza a Pozzuoli e dell’iscrizione da lui scritta).

 

Rione Terra - Terza segnalazione

Lo strano stemma di Pozzuoli del Palazzo Migliaresi

 

Sulla porta d’ingresso del Palazzo Migliaresi, futura sede del comune di Pozzuoli, è stato collocato un altro ‘strano’ stemma cittadino, strano perché non coincide assolutamente con quello ufficiale adottato. Vogliamo spiegare, con una opportuna targhetta esplicativa, al povero disgraziato che, per fortuna nostra, ha scelto di fare una visitina a Pozzuoli, dove esso era collocato in precedenza, il perché della sua inconsueta foggia e chi, quando e per quale motivo lo volle ‘diverso’, e vogliamo farlo sapere oltretutto anche a tanti ignari puteolani? (Anche questo ‘mistero’ è rivelato nel succitato mio Nell’anno 1898..., pp. 39-40).

 

*

 

CONCLUSIONE

Un addendum: “Capolavori flegrei  vergognosamente trattati come insignificanti,

 anonime pietre”

 
Sul Rione Terra avrei altro da segnalare, ma non mi sembra il caso di operare ulteriori aggiunte. Riguardo agli altri siti e beni del mio/nostro “Reame Flegreo”, innamorato come sono di esso e preoccupato, come tanti di voi, di far emergere la sua immagine migliore e ‘vera’, non mancherò comunque di dire la mia, mosso solo e sempre, è bene dirlo a scanso di equivoci, da intenti squisitamente culturali e, perché no?, di sana, orgogliosa, e non per questo provinciale, natura ‘campanilistica’.
Per il momento, però, a conclusione di questo mio intervento, mi sembra doveroso denunciare un inaudito sfregio perpetrato nei confronti di alcuni “reperti simbolo” dei nostro territorio e quindi anche nei suoi confronti.
Mi riferisco a un bel grande frammento, un delfino che addenta un polpo, pertinente a una delle balaustre delle gradinate di accesso al podio della tholos del Macellum (il c. d. Tempio di Serapide) dell’antica Pozzuoli, e ad un altro simile, accostato al primo, ma di più modeste dimensioni, relativo però, a mio avviso, ad uno dei braccioli delle latrine dello stesso edificio. Essi, degli unica ai quali tanti musei darebbero sicuramente la dovuta visibilità, in particolare ovviamente a quello della balaustra, giacciono, ancora negletti e abbandonati, trattati come insignificanti, anonime pietre, in un nascosto angolo dell’Anfiteatro Neroniano-Flavio puteolano (fornice 62). “Ancora”, perché sono passati ormai oltre cinque anni dalla scoperta del loro ‘nascondiglio’, da me individuato e segnalato nel mio Hic sunt delphini. La singolare propagazione del simbolo del delfino nei Campi Flegrei in età antica, Antonio Pisano Editore, Pozzuoli 2008, p. 33.
Cosa si aspetta a tirarli fuori e a collocarli dove meritano, accompagnati da una ‘parlante’ didascalia esplicativa?
La soluzione rapida del problema sarebbe sicuramente favorita anche in questo caso dall’ appoggio di parecchi di voi, sensibili come siete alla valorizzazione e decollo del nostro straordinario territorio.
Ci conto. Un abbraccio.

 
Monteruscello (Pozzuoli – Na), 10/05/2013                                           © 2013 Francesco Pisano

 

 

* Esempi e nomi di studiosi ad attestazione di quanto detto? Tanti. Solo da parte mia sono state offerte in pochi anni oltre trenta inedite password, rischiaranti, rettificanti e/o ‘colmanti’, tutte positivamente accolte, alcune forse con un entusiasmo anche un po’ esagerato (“da premio Nobel” hanno scritto a Milano in un caso, “che vale quanto la scoperta dei rotoli di Qumran” hanno detto a Roma in un altro). Mi si perdoni perciò se segnalo, a chi di voi non ancora le conoscesse, alcune recentissime ‘chiavi di lettura’ che mi coinvolgono in prima persona. Altri, se lo ritengono opportuno, possono comunicare le èproprie. Le prime due, guarda caso, riguardano proprio le fiaschette ‘violentate’ e pertanto mi sembra giusto riproporle qui; la terza risolve un secolare problema che ha appassionato e impegnato nella sua soluzione fior di personaggi (fra cui addirittura Montaigne e Lévy-Strauss e, da ultimo, Carlo Ginzburg). Esse sono dunque le seguenti:

 
1) le fiaschette vitree prodotte in antico a Puteoli sono anche da collegare alle moderne strategie poste in essere per valorizzare e far conoscere quanto di notevole un territorio offre per ‘catturare’ il turista.  L’esemplare di Varsavia in particolare , appartenente, insieme a quelli di Populonia e di Ampurias, alla “Serie baiana”, si può ritenere, a ragione, il primo esempio della suddetta tecnica pubblicitaria. Sulla sua pancia infatti  sono raffigurati i monumenti notevoli di Baia, ma anche gli ‘ostriaria’ e, elemento ‘attirante’ modernissimo, una bella donna distesa sulle onde marine con nella mano sinistra un bicchiere e nella destra spighe di grano. Quale il valore e la portata di tale scoperta, nata qui, nei Campi Flegrei, e dovuta a un felice incontro pluridisciplinare fra il sottoscritto, Giovanni Lombardi e Sergio Mantile? Senz’altro enormi. Tali da far vedere sotto una luce del tutto nuova quanto finora detto, a livelli anche alti e qualificati, su Visual Tourism, Visual Culture et similia.

 
2) diverse fiaschette sono da collegare al ‘refrigerium’ (vari esemplari non a caso sono stati rinvenuti in tombe e catacombe), cosa già ipotizzata nel passato da altri (cfr. A. Stuiber, Refrigerium interim, Bonn 1957, p. 57 sgg.; V. Tran tam Tinh, Le culte des divinités orientales en Campanie…, Leiden 1972, pp. 26-27), ma che ha avuto una conferma in seguito alla mia segnalazione di ‘parlanti’ documenti pagani e/o cristiani da me rintracciati. Considerarle pertanto tutte quante in blocco come dei semplici souvenirs è cosa oggi da ritenersi piuttosto riduttiva e fuorviante.

 
3) Carlo Ginzburg in un suo importante saggio del 1989, intitolato Storia notturna. Una decifrazione del sabba, dedica un consistente numero di pagine (pp. 206-275) alle figure del mondo antico caratterizzate dalla zoppaggine e da difficoltà deambulatorie, non mancando di connetterle, in via ipotetica, per l’accomunante difetto, al mondo dei morti, all’Aldilà. Connessione senz’altro intrigante, la sua, ma che sarebbe risultata più che una mera congettura se lo studioso avesse saputo che il dio dell’Oltretomba, Osiride (suoi principali equivalenti Dioniso, Plutone, Ades, Serapide, Dusares…), aveva una seria ferita alla coscia che lo rendeva inerte e aveva bisogno del magico intervento dei suoi cari – moglie Iside, cognata Neftys, figlio Horus – per risollevarsi e riprendere vigore. Questo importantissimo ‘dettaglio’ da me evidenziato in diverse occasioni (recentemente ha dato vita a un episodio del mio romanzo esoterico semiserio Pulcinella Forever) ha contribuito alla soluzione del problema e ad illuminare ulteriori aspetti della ricerca intorno al  fenomeno in questione.

1 commento:

Marzullann ha detto...

v. anche http://cantuccioletterario.blogspot.it/2012/04/miti-e-simboli-esoterici-nei-campi.html#more