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mercoledì 5 giugno 2013

QUANDO AVEVO 20 ANNI di Ettore De Lorenzo


Prefazione di Salvatore Borsellino

Il 19 luglio del 1992 -  una data che resterà impressa a fuoco nelle coscienze degli italiani, di quelli almeno che amano il nostro paese e prendono ad esempio i suoi martiri, di quelli che aspettano di sentire quel “fresco profumo di libertà” di cui parlava Paolo negli ultimi giorni della sua vita – Paolo si alzò alle cinque del mattino, come faceva quasi ogni giorno e cominciò a scrivere una lettera. Era una domenica di luglio, calda come sa essere caldo luglio a Palermo. Dopo meno di un’ora, Paolo fu interrotto da una inaspettata e inusuale telefonata del Procuratore Pietro Giammanco, il suo capo diretto e capo della Procura di Palermo. Non gli aveva mai telefonato a quell’ora, e di domenica. Paolo, che era già venuto a sapere che a Palermo era arrivato il carico di esplosivo che doveva servire per ucciderlo,  forse capì in quel momento che quel giorno che attendeva da 57 giorni, dalla morte del suo collega, del suo amico e fratello Giovanni Falcone, era adesso giunto. Ma in quella lettera che non riuscì a finire e che trovammo, incompiuta, sul suo tavolo, Paolo aveva già scritto, in risposta a dei giovani di un liceo di Padova che, tramite la loro professoressa, gli ponevano delle domande, quello che io credo sia il suo messaggio più grande e indelebile, quello che meglio ci fa capire la sua vita, la sua morte e il suo essere ancora più vivo dopo la stessa morte.
Paolo aspettava la sua morte, sapeva che lo Stato lo aveva abbandonato, sapeva che al di sopra di lui, delle sue indagini per inchiodare gli assassini di Falcone, pezzi dello Stato avevano aperto e stavano conducendo una trattativa  con quegli assassini, aveva forse presagito che era ormai arrivato alla fine del suo cammino, eppure Paolo in quella lettera parlò a quei giovani di speranza. Ma che cos’è la speranza in un uomo che sta per morire? Non è facile capirlo, io ci ho messo 20 anni dopo la morte di Paolo per capirlo. Da quella domenica di luglio lotto per avere Giustizia, lotto per conoscere la Verità, perché l’Italia e il mondo conoscano la Verità su quella strage e sui venti anni che ne sono seguiti. Persi la speranza quando capii che gli anni che mi restavano da vivere non mi sarebbero bastati per avere Giustizia, perché la Verità sia la Verità di tutti, ma ho potuto perderla perché la mia era una speranza egoistica. Volevo esserci anche io quel giorno. Sono stati i giovani a farmi riacquistare la speranza, quei giovani che non avevano venti anni nel 1992, che nel 1992 magari non erano ancora nati. Ma tanti di loro oggi hanno sete di sapere, più di tanti adulti ormai assuefatti, ormai rassegnati, hanno sete di conoscere il passato del nostro paese per capire il loro presente e per lottare per il proprio futuro e sono diventati loro la mia speranza. Era per questi giovani che Paolo lottava, era per questi giovani che Paolo sperava, era per questi giovani che Paolo scriveva, in quella sua ultima lettera: “Sono ottimista, quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di combattere di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta”. Mio fratello quello che io ho capito oggi lo aveva già capito venti anni fa e questo gli poteva permettere di andare sorridendo incontro alla morte. Ma mio fratello si chiamava Paolo Borsellino. Forse quel “fresco profumo di libertà” che Paolo anelava di sentire nel nostro paese non lo abbiamo, se non per brevi momenti, mai sentito, ma sarà il vento della speranza a spingerlo. Sperare non vuol dire aspettare che qualche cosa succeda, significa lottare perché qualcosa possa succedere e questo libro, scritto da giovani per i giovani e con i mezzi espressivi che oggi fanno parte del linguaggio dei giovani, fa a pieno titolo parte di questa lotta.
(Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino)
( Lettura di Alessandro Parisi a Villa Cerillo nel corso dell’Incontro del 31 maggio’13)

1 commento:

Anonimo ha detto...

grazie Alessandro per questo brano. mai dimenticare, perchè solo così si può davvero costruire il futuro che ci spetta.
claudia