Rubo ai ricordi altrui
scampoli della nostra complicità. Avevo l’abitudine di sgusciare sotto il suo
braccio mentre era seduto al tavolo a cenare, muovendomi silenziosa come un gattino,
per arrampicarmi su una delle sue ginocchia e rimanere accoccolata nell’incavo
del gomito mentre mangiava. Papà mi teneva lì, anche se non doveva essere molto
comodo, e mi allungava di soppiatto piccole prelibatezze. Credo che a quegli
assaggi rubati si possa far risalire il mio amore di vecchia data per il
gorgonzola dolce e una meno comprensibile passione per il grasso del prosciutto
crudo.
Io ero la sua
“cuoriciona”, un termine coniato appositamente per me.Anche se non me lo posso ricordare.
Poi la sorte mi ha fatto un regalo, il più bello che potessi desiderare.
Dopo aver rovistato ogni angolo della casa, da un armadietto salta fuori una scatola di vecchie cassette scarabocchiate. Sigle dei cartoni animati e i nastri logorati dall’uso con la storia di Heidi, che ho ascoltato mille volte da bambina. Riconosco la voce della perfida istitutrice, la signorina Rottermeier.
Ci sono un paio di nastri anonimi. Distrattamente ascolto e trovo un tesoro del tutto insperato.
“Stiamo registrando ragazzi! Questa è la voce del papà che parla!”
Mi si ferma il cuore. E’ un miracolo. Una registrazione dimenticata da tutti, un compleanno di papà, il penultimo: 18 marzo 1979. La sua voce di casa, giovanile, giocosa. Si sente bene la leggera zeppola, che correggeva quando parlava in pubblico, con la stessa metodicità con cui aveva ripulito negli anni la propria voce da inflessioni dialettali. Il mio fratellone, con la loquace invadenza dei suoi sei anni, non sta zitto un momento e monopolizza la scena. Io zitta, timida come sempre.
“Adesso si sente la voce della Bebina…”
Mio padre tiene a bada Luca e ripetutamente, con pazienza e immensa tenerezza, mi invita a parlare, finché non mi faccio coraggio e affronto il microfono. “Tanti auguri papà”, e poi mi metto a cantare insieme a Luca e a nonna Virginia.
Ogni tanto penso a quella voce dolce e mi ci avvolgo dentro. Non riesco ad ascoltarla spesso, è un’emozione troppo forte, uguale ogni volta. Un minuscolo caleidoscopio di relazioni. Un minuto e cinquantaquattro secondi che mi hanno fatto capire tante cose.
Lo immagino così, un buon padre: una persona che ti sostiene, ti protegge e ti sollecita, amorevole, affinché trovi il coraggio di tirare fuori la tua voce.
(Da Come mi batte forte il tuo cuore di Benedetta Tobagi- Letto a Villa Cerillo il 31 maggio’13 da Adelaide Miriana)
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