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lunedì 7 marzo 2011

ACCABADORA di Michela Murgia

L’Autrice rende bene il fulcro sardo fatto di antiche tradizioni, colori forti, odori intensi mirabilmente descritti  attraverso i dettagli  degli ambienti, cose e persone. 
Quest’ultime, quasi figure prototipo, mostrano in pieno la compattezza e  la grande resistenza che spesso caratterizza i Sardi.
Canne al vento  dal linguaggio con  consonanti doppie e vocali aperte e allungate quasi a conquistare spazio anche nell’aria.
Forte è il senso del possesso: dalla proprietà terriera e delle cose a quella degli animali e delle anime.
Su tutto questo, però, aleggia l’universalità dei sentimenti  di amore, odio, piètas.
L’Accabadora, prima madre di Maria ed ultima madre dei malati terminali nel corpo e/o nella mente, racchiude in sé i massimi estremi che si combaciano: vita e morte.
OKOKOKOK  Marzullann
Notizie dal WEB: Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé. E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.
Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come l'ultima. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte.
Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.Premio Campiello 2010

8 commenti:

nunziagroupe ha detto...

"Non dire mai : di quest'acqua io non ne bevo"...
Niente di più "azzeccato"...Leggendo ACCABADORA di Michela Murgia, si viene a contatto con una realtà quanto mai scomoda.Il tema della morte cercata , o meglio ricercata come "liberazione",come soluzione ai mali che ci affliggono, non è nuovo ma è pur sempre duro da affrontare.
Mi sono tuffata in una realtà per me tutta nuova;ero ignara dell'esistenza di una figura come quella dell'ACCABADORA e in principio mi sono eretta a...giudice!Ma poi,pagina dopo pagina ho compreso appieno il senso di quella frase...:"Non dire mai : di quest'acqua io non ne bevo".
Bello,intenso e con un finale tutt'altro che prevedibile.

nunziagroupe ha detto...

Dimenticavo l'indice di gradimento:
OKOKOKOKOK

TINAMGROUPE ha detto...

"Accabadora" mi ha fatto vivere per un po' nella Sardegna rurale degli anni 60/70.
L'autrice riesce secondo me a rendere l'atmosfera molto affascinante pur affrontando un tema (l'eutanasia) oggi molto spinoso.
Il mio voto è senz'altro ottimo.
OKOKOKOK

Anonimo ha detto...

Un libro intenso in cui ogni parola è necessaria, è "pesante".Si parla di eutanasia e di come si affrontava e si "risolveva"nella Sardegna contadina di qualche decennio fa:con rispetto si ma in modo pratico al di fuori della legge e della religione.Con la stessa praticità erano trattate le adozioni.."figli dell anima" le pagine più belle del libro. Un libro emozionante da rileggere..OKOKOKOK..

Marzullann ha detto...

Grazie anonimo del tuo contributo a ridisegnare l'Accabadora attraverso i ns.commenti. Spero continui la tua partecipazione ma quantomeno con un nick che ti personalizzi.Ciao alla prossima.

carolina ha detto...

E' strana alla fine del libro la lunga e inspiegabile agonia dell'Accabadora, prigioniera del suo corpo e "ostaggio" di Maria e dei suoi principi.Sembra quasi una punizione,ma dura il tempo necessario perchè Maria capisca il significato delle parole"non dire mai :di questa acqua non ne bevo."

Marzullann ha detto...

Grazie anonimo-Carolina x esserti palesato.

annacgroupe ha detto...

E' un libro abbastanza emblematico che rappresenta pienamente l'atmosfera dell'ambiente sardo. E' sorprendente come l'eutanasia, problema molto discusso, venga risolto in questo contesto con grande semplicità e tranquilla accettazione.mi è piaciuto molto.