L’Autrice rende bene il fulcro sardo fatto di antiche tradizioni, colori forti, odori intensi mirabilmente descritti attraverso i dettagli degli ambienti, cose e persone.
Quest’ultime, quasi figure prototipo, mostrano in pieno la compattezza e la grande resistenza che spesso caratterizza i Sardi.
Canne al vento dal linguaggio con consonanti doppie e vocali aperte e allungate quasi a conquistare spazio anche nell’aria.
Forte è il senso del possesso: dalla proprietà terriera e delle cose a quella degli animali e delle anime.
Su tutto questo, però, aleggia l’universalità dei sentimenti di amore, odio, piètas.
L’Accabadora, prima madre di Maria ed ultima madre dei malati terminali nel corpo e/o nella mente, racchiude in sé i massimi estremi che si combaciano: vita e morte.
OKOKOKOK Marzullann
Notizie dal WEB: Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé. E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.
Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come l'ultima. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte.
Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.Premio Campiello 2010
Quest’ultime, quasi figure prototipo, mostrano in pieno la compattezza e la grande resistenza che spesso caratterizza i Sardi.
Canne al vento dal linguaggio con consonanti doppie e vocali aperte e allungate quasi a conquistare spazio anche nell’aria.
Forte è il senso del possesso: dalla proprietà terriera e delle cose a quella degli animali e delle anime.
Su tutto questo, però, aleggia l’universalità dei sentimenti di amore, odio, piètas.
L’Accabadora, prima madre di Maria ed ultima madre dei malati terminali nel corpo e/o nella mente, racchiude in sé i massimi estremi che si combaciano: vita e morte.
OKOKOKOK Marzullann
Notizie dal WEB: Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé. E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.
Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come l'ultima. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte.
Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.Premio Campiello 2010
8 commenti:
"Non dire mai : di quest'acqua io non ne bevo"...
Niente di più "azzeccato"...Leggendo ACCABADORA di Michela Murgia, si viene a contatto con una realtà quanto mai scomoda.Il tema della morte cercata , o meglio ricercata come "liberazione",come soluzione ai mali che ci affliggono, non è nuovo ma è pur sempre duro da affrontare.
Mi sono tuffata in una realtà per me tutta nuova;ero ignara dell'esistenza di una figura come quella dell'ACCABADORA e in principio mi sono eretta a...giudice!Ma poi,pagina dopo pagina ho compreso appieno il senso di quella frase...:"Non dire mai : di quest'acqua io non ne bevo".
Bello,intenso e con un finale tutt'altro che prevedibile.
Dimenticavo l'indice di gradimento:
OKOKOKOKOK
"Accabadora" mi ha fatto vivere per un po' nella Sardegna rurale degli anni 60/70.
L'autrice riesce secondo me a rendere l'atmosfera molto affascinante pur affrontando un tema (l'eutanasia) oggi molto spinoso.
Il mio voto è senz'altro ottimo.
OKOKOKOK
Un libro intenso in cui ogni parola è necessaria, è "pesante".Si parla di eutanasia e di come si affrontava e si "risolveva"nella Sardegna contadina di qualche decennio fa:con rispetto si ma in modo pratico al di fuori della legge e della religione.Con la stessa praticità erano trattate le adozioni.."figli dell anima" le pagine più belle del libro. Un libro emozionante da rileggere..OKOKOKOK..
Grazie anonimo del tuo contributo a ridisegnare l'Accabadora attraverso i ns.commenti. Spero continui la tua partecipazione ma quantomeno con un nick che ti personalizzi.Ciao alla prossima.
E' strana alla fine del libro la lunga e inspiegabile agonia dell'Accabadora, prigioniera del suo corpo e "ostaggio" di Maria e dei suoi principi.Sembra quasi una punizione,ma dura il tempo necessario perchè Maria capisca il significato delle parole"non dire mai :di questa acqua non ne bevo."
Grazie anonimo-Carolina x esserti palesato.
E' un libro abbastanza emblematico che rappresenta pienamente l'atmosfera dell'ambiente sardo. E' sorprendente come l'eutanasia, problema molto discusso, venga risolto in questo contesto con grande semplicità e tranquilla accettazione.mi è piaciuto molto.
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