L’uomo moderno crede di
perdere qualcosa -il tempo- quando non fa le cose in fretta; eppure non sa che
cosa fare del tempo che guadagna, tranne che ammazzarlo. (Erich Fromm)
Se un individuo non è
padrone di almeno due terzi del suo tempo non può essere considerato un uomo
libero. La schiavitù si perpetua anche nelle nostre società, che hanno
sostituito alla dura coercizione del
passato una condizione più sottile ma non meno vincolante: quella dell’uomo che
non ha più nessun rapporto con se stesso, che non ha nessuna interiorità e che,
se non ha qualcosa da fare, si sente perduto. Scrive Schopenhauer: <Il tempo
libero è il fiore o piuttosto il frutto dell’esistenza di ognuno, in quanto
esso solo lo insedia nel possesso del
proprio io>. Ma proprio questo è il punto debole, perché, quando l’individuo
ha perso il rapporto con se stesso, si ritrova, nei rari momenti liberi, con un
perfetto estraneo. Può darsi che sia proprietario di palazzi o di industrie,
però non è padrone di se stesso.<Felici coloro che trovano in se stessi anche qualcosa di buono,> afferma Schopenhauer <mentre nella maggioranza dei casi il tempo libero non rende che un buono a nulla, uno che si annoia mortalmente e che è di peso a se stesso.>
Questo succede perché per tutta la vita si sono sviluppate attività e relazioni esterne senza pensare di coltivare se stessi, di arricchire il proprio patrimonio interiore. Un bel giorno, in seguito a qualche cambiamento esteriore (per esempio il pensionamento), ci si ritrova privi di impegni, e tutto il vuoto o, peggio, il tormento del cattivo rapporto con se stessi, ci ricade addosso. Allora è la crisi, e la vita appare priva di senso. In realtà, questo stato era stato preparato a poco a poco nel corso degli anni, evitando o rimandando a un futuro indeterminato l’incontro con noi stessi: avevamo rinunciato per pigrizia o per paura ad avere un po’ di tempo veramente libero, un po’ di tempo veramente nostro. Non basta in effetti trovarsi soli: non è propriamente una questione di tempo. E’ piuttosto necessario essere liberi mentalmente,interrompere il dialogo continuo che, anche in solitudine, intratteniamo con gli altri. <L’unica cosa veramente nostra che la natura ci ha dato> scrive Seneca <è il tempo: un bene sommamente fuggevole che noi ci lasciamo togliere dal primo venuto.> E conclude:<Non è vero che non abbiamo tempo: la verità è che ne sprechiamo molto>.
Da ”L’arte della serenità” di Claudio Lamparelli - Letto a Villa Cerillo il 26 Aprile ’13 da MarisaB.)
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